Sorie del Mugello - Villa Senni

Villa Senni
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Sorie del Mugello

Storia
La battaglia dei Crocioni (Scarperia del Mugello)

Antica miniatura “Totilia distrugge Firenze”
Correva l'anno 542 d.c.
Quando gli Ostrogoti guidati da Totila scesero in Italia, dopo aver sbaragliato gli eserciti bizantini nelle pianure di Faenza, proseguirono nell’avanzata verso la Toscana mandando un’armata contro Firenze dove stava il bizantino Giustino. Scesero per la via più breve devastando la valle mugellana e lasciando una lunga striscia di sangue; poi misero sotto assedio Firenze passando dalle Salaiole. Era, infatti, quella la Faentina “romana”, la strada più frequentata e praticabile del tempo. Giustino a quel punto chiese aiuto a Belisario a Ravenna, il quale inviò un grosso esercito con a capo i luogotenenti Bessa, Cipriano e Giovanni di Vitaliano.
Totila, informato di ciò, levò subito l’assedio e tornò sui suoi passi ritirandosi a nord in un luogo che, secondo l’antico storico Procopio, era detto “Mucelle” distante circa un giorno di cammino da Firenze. Insomma, riborda un’altra volta nel nostro povero Mugello! Intanto, l’esercito Bizantino guidato da Giovanni riconquistò Firenze e inseguì nella valle i Goti, i quali pensarono bene di lasciare la “zona Sieve” e cercare una collina dove meglio resistere allo scontro. Lo racconta sempre Procopio, il quale dice chiaramente che “levarono i loro accampamenti dalla piana e si rifugiarono su un vicino colle”. Da quella collina, individuata da vari storici come quella dei Crocioni sotto Scarperia, videro secondo il Brocchi “un esercito di ventimila romani in sull’ordine di battaglia (…) vedutolo lo sbeffano con alte grida e sonoro schiamazzo”. Lo scontro, fin troppo equilibrato, si trasformò in breve in una vera e propria carneficina. A un certo punto si diffuse tra i soldati bizantini la falsa notizia della morte di Giovanni e i soldati, presi dal panico, si sparpagliarono. Bastò quello per perdere la battaglia e far ritirare i Bizantini in Firenze e nelle altre città fortificate. Totila, consapevole delle enormi perdite subite e davvero distrutto dalla battaglia, non li inseguì e preferì dirigersi altrove.

La battaglia di Pulicciano tra Guelfi bianchi e neri

Una piccola 'perla' mugellana. Nell'ambito del progetto 'Le Vie di  Dante, tra Toscana e Romagna, e verso l'anniversario dei 700 anni dalla  morte del Sommo Poeta, una serie di videoservizi giornalistici ricordano  le tracce legate a Dante. Uno di questi è stato realizzato davanti alla  chiesa di San Maria a Pulicciano (Ronta, Borgo San Lorenzo) che  accoglie sulla sua facciata una targa realizzata nel 1921 (in occasione  dei 600 anni dalla morte di Dante 1321-1921) e in ricordo dell'assalto e  della fuga di Scarpetta degli Ordelaffi e dei fuoriusciti fiorentini,  che avvenne nel marzo del 1303.Tra i fuoriusciti vi era anche Dante, che Scarpetta ospitò nel 1303,  dandogli anche un lavoro come segretario. Nello stesso 1303, ci fu come  detto la battaglia presso Castel Puliciano, che vide i due fronti  opposti guidati entrambi da un forlivese: per i fuoriusciti fiorentini  ed i ghibellini, appunto, Scarpetta; per la città di Firenze, il podestà  Fulcieri da Calboli.
Articolo :

Il Castello del Trebbio, sul  poggio omonimo già proprietà della famiglia dei Medici dal 1309,  conserva intatta l’impronta geniale dell’architetto fiorentino  Michelozzo Michelozzi.

Da solitario baluardo a guardia del Trivio di un antichissimo  percorso etrusco-romano, il Trebbio divenne castello intorno al 1364,  quando si costruì una cinta fortificata coronata da camminamento  esterno che venne a legare la torre con due attigui fabbricati. Fu poi,  secondo le cronache, Michelozzo nel corso del primo Quattrocento, per  Giovanni di Bicci dei Medici e il figlio Cosimo, a realizzare il  mirabile unicum, la villa-castello quale oggi ammiriamo corredata dalla  loggia e dal bel giardino pergolato.
A metà Quattrocento il Trebbio  venne destinato al nipote di Cosimo, Pier Francesco, e nell’estate del  1476 vi soggiornò brevemente Amerigo Vespucci. A fine secolo vi lavorò  il Botticelli.
Il Trebbio fu poi ereditato dal nipote, il grande condottiero, figlio  di Caterina Sforza da Forlì, Giovanni dei Medici, detto dalle Bande  Nere, e vi dimorarono la moglie Maria Salviati e il figlio Cosimo  destinato nel 1537 al governo di Firenze di cui divenne primo Granduca.  Nel 1644 il granduca Ferdinando II vendette l’intera fattoria del  Trebbio al mercante fiorentino Giuliano Serragli, che la lasciò in  eredità ai Padri Filippini. Nel 1865, quando venne decisa dal governo  Italiano la soppressione degli ordini religiosi, i Padri intestarono  castello e poderi ad Oreste Codibò, un laico loro amministratore di  fiducia. Alla sua morte il nipote Leopoldo si appropriò del complesso e  dissipò la proprietà, lasciandone cadere in abbandono gli edifici.  Nel 1886 gli eredi vendettero all’incanto il Trebbio che fu acquistato  da Maria Teresa de La Rochefoucauld, vedova del principe Marco Antonio  Borghese proprietario della vicina Cafaggiolo. Tutto il complesso fu  rivenduto all’asta dai Borghese nel 1936, e il dott. Enrico Scaretti  acquisì allora entrambe le fattorie di Cafaggiolo e Trebbio. In undici  mesi fu restaurato il castello del Trebbio, ormai in completa rovina,  recuperando l’originario disegno del Quattrocento.


Il complesso architettonico e  paesaggistico di Cafaggiolo, con il suo perno monumentale rappresentato  dalla grande Villa “edificata in fortezza”,

un tempo fortificata e recintata, a schema architettonico chiuso, con  torre di guardia analoga a quella della vicina Villa del Trebbio,  racconta ancora oggi la sua storia e la sua evoluzione nel tempo da  presidio difensivo per la famiglia Medici a residenza signorile di campagna finalizzata  alla villeggiatura, al riposo, alla cura delle attività agresti,  collocata com’era in posizione privilegiata nel Mugello al centro di una  grande bandita di caccia e di una vasta tenuta agricola.
L’edificio originario, sviluppatosi intorno a un primitivo castellare  della Repubblica fiorentina, tra il 1443 e il 1451 venne trasformato  per volontà di Cosimo il Vecchio e  ad opera dall’architetto Michelozzo di Bartolomeo, già attivo anche al  Trebbio, in un imponente palazzo fortificato, dai volumi  strategicamente articolati, munito di torri, mura con aperture per gli  archibugi e le balestre, ponte levatoio e fossati, approntati per la  difesa e il controllo militare del territorio. Ma al medesimo tempo,  seguendo le proprie inclinazioni per una vita appartata in campagna e  rivolta al doctum otium secondo il  modello classico esaltato da Cicerone, Cosimo il Vecchio, come ci  ricorda il Vasari, si dedicò anche alla sistemazione dell’ampia area  circostante la dimora, strutturando “i poderi, le strade, i giardini, e  le fontane con boschi attorno, ragnaie, e altre cose da ville molto  onorate”.
Tutti caratteri che definiscono lo sviluppo in senso  rinascimentale della residenza mugellana, che presto diverrà, con  Lorenzo il Magnifico, un vero e proprio luogo di villeggiatura e di  studio operoso, ospitando Pico della Mirandola, Marsilio Ficino e, per  lunghi periodi, Agnolo Poliziano, dedito alla formazione di Giovanni de’  Medici, futuro papa Leone X.
A metà del Cinquecento il Granduca Cosimo I° fa aggiungere il corpo  di fabbrica a monte della Villa e integra il sistema difensivo  michelozziano, potenziando le attività venatorie che da sempre si erano  praticate nel complesso e che continueranno ad essere esercitate dai  Granduchi, secondo le tipiche cadenze stagionali, almeno fino alla metà  del XVII secolo.
In epoca lorenese, pur venendo meno iniziative di abbellimento della  dimora, verrà mantenuta e potenziata, nell’ambito dell’espansione viaria  del territorio voluta dai nuovi granduchi, la sua tradizionale funzione  di luogo di sosta strategico e di stazione di posta lungo la strada per  il settentrione. Conseguentemente all’unità d’Italia, nel 1865 la Villa  fu venduta dallo Stato italiano ai Principi Borghese che vi eseguirono  radicali interventi di restauro secondo il principio di una  ricostruzione in stile, accostando elementi decorativi medievaleggianti a  interventi di gusto neo-rinascimentale.
Il Parco della Villa di Cafaggiolo,  dopo l’abbattimento della torre di guardia e della doppia cinta  fortificata avvenuto a metà Settecento, si fonde oggi con mirabile  equilibrio con la grande tenuta circostante, tuttora punteggiata di  edifici agricoli rappresentati in antichi cabrei; rappresentando, con il  giardino paesaggistico all’inglese realizzato nell’Ottocento sul lato  posteriore e con il grande prato antistante il prospetto anteriore,  caratterizzato dai due grandi cedri del Libano, un punto di forza del  valore monumentale del complesso.

Lo sport e lo svago a partata di mano
Numerosi impianti sportivi sono nelle vicinanze della Villa, l'Autodro del Mugello; il Campo da Golf "Poggio dei Medici", centri ippici federali (FISE) "Riding Club Mugello", "Scuderia la Torre" e altri; oltre alla piscina interna a Borgo San Lorenzo è presnte una piscina coperta sempre disponibile; l'aviosuperficie di Luco per il volo con alianti; a pochi chilometri si trova anche "Barberino  Designer Outlet"
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Situata nel cuore della campagna del Mugello, tra Scarperia e Borgo San Lorenzo, la struttura è ben situata per potersi muovere nel territorio per visitare sia le bellezze del Mugello sia le città d’arte della Toscana.
Villa Senni è dotata di un meraviglioso parco secolare, a completa disposizione dei clienti e di una elegante piscina
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